Il 18 maggio scorso si sono presentati sulle scene
discografiche e concertistiche i Cherry Five. La band capitanata da Carlo
Bordini e da Toni Tartarini allinea tra le proprie fila il tastierista Gianluca
De Rossi (Taproban), già compagno del batterista nell’avventura De Rossi &
Bordini, il chitarrista Ludovico Piccinini (Prophilax) ed il bassista Pino
Sallusti (Pino Sallusti Group, Pasquale Innarella Quartet). In occasione del
FIM, la Fiera Internazionale della Musica che si è tenuto a Genova dal 16 al 18
maggio, è stato pubblicato in una prima edizione limitata di appena 100 copie
numerate a mano e con copertina a poster, il CD Il pozzo dei giganti, registrato tra marzo ed aprile 2015 nello
Studiosette di Roma (già sede delle prove nel giugno 2014). L’album che reca in
copertina un dipinto di Daniela Ventrone è dedicato alla Divina Commedia di
Dante Alighieri e contiene tre brani: “Il pozzo dei Giganti”, “Manfredi” e
“Dentro la cerchia antica”.
“Il pozzo dei Giganti”, si apre in modo rumoristico
con piatti, armonici di basso, note d’organo effettate con il Leslie su cui
entra il riff d’organo, assoli di chitarra e la voce, un bridge eseguito
all’unisono da tastiere ed elettrica, poi entrambe in assolo con il MiniMoog
dalle sonorità Simonettiane. Subentra quindi una parte più melodica, divisa in
due sezioni, la prima si conclude su un assolo di batteria, la seconda sugli
accordi aperti e ripetuti del pianoforte ed il cantato drammatico per poi
sfociare in assolo di basso acustico, prima melodico poi più veloce ed in un
intenso assolo di chitarra elettrica. Inizia quindi un tema al piano elettrico
dalle coloriture quasi funk ma assai rallentato, ripetuto poi anche dalla
elettrica con l’organo a fare da sottofondo e la voce che recita versi in
latino su cui si inserisce una parte in crescendo con il tema eseguito dal
synth, un assolo di chitarra ed una nuova pausa su cui si innesta una
tastierina, percussioni, mellotron e quindi l’elettrica dura e tagliente con la
voce che raggiunge toni più alti, urlando un “chi mi salverà” in un crescendo
disperato sottolineato da un assolo teso di Moog e dal finale con gli stacchi
dei vari strumenti.
Il pezzo si sviluppa come una vera e propria suite di rock
progressivo della durata di 25 minuti, in cui parti cantante si susseguono ad
altre strumentali con frequenti stop a cui corrispondono ripartenze che
sviluppano temi musicali diversi. Il brano è ispirato all'episodio dell’Inferno
in cui Virgilio mostra a Dante il pozzo in cui si trovano, conficcati nel suolo,
gli appartenenti alla stirpe dei Giganti e dal punto di vista musicale evoca
atmosfere variegate che sottolineano sia la cupezza dell’Inferno che gli stati
d’animo dei dannati mentre i Giganti che Dante sembra punire per la superbia
simile a quella di Lucifero, diventano più prosaicamente tutti gli approfittatori
ed i meschini: “troppi giganti fasulli cresciuti alle spalle degli altri,
troppi giganti vigliacchi nascondono i piedi di argilla”.
“Manfredi” è la trasposizione musicale dei versi
103-145 del canto III del Purgatorio: Dante incontra Manfredi di Svevia che gli
narra di essere stato un cavaliere, acerrimo nemico del potere ecclesiastico e
per questo scomunicato ma che, colpito a morte in battaglia, si pentì
sinceramente, tanto da essere perdonato da Dio e gli chiede di riferire alla
figlia Costanza che non è all’Inferno ma nell’Antipurgatorio e che le sue
preghiere posso abbreviare la sua permanenza. Il brano della durata di sedici
minuti si suddivide in quattro ‘sezioni’ secondo una struttura cara anch’essa
alle suite ed ha come modello, nelle intenzioni degli autori, le composizioni
dei Gentle Giant. “Manfredi” si apre su “La forza del guerriero” i cui riff di
elettrica, il tema baldanzoso ed il cantato rievocano la PFM e la figura fiera
del cavaliere. “Il tempo del destino”, pacata e melodica, scandita sul plettro
ed il bordo rullante con un bel assolo lirico di chitarra elettrica, narra
della presa di coscienza di Manfredi che va incontro al suo destino. “Terra
rossa” con il riff di elettrica contrappuntato dall’organo, rievoca campi di
battaglia impregnati di sangue. In “Un mondo tra noi due” si torna su registri
ampiamente melodici, una lettera d’amore che Manfredi rivolge alla figlia, in
cui ricorda i giochi, rimpiangendo il tempo perduto ed invocando la sua
preghiera, fiducioso di poterla riabbracciare per l’eternità.
“Dentro la cerchia antica” ispirato al XV canto del
Paradiso in cui Dante incontra l’avo Cacciaguida che gli parla dell'antica e
morigerata Firenze, ben diversa da quella conosciuta dal Poeta, ricorda la PFM
e la musica popolare medioevale con strumentazione acustica, synth flautati,
percussioni, un ritmo da danza di corte ed un lungo assolo finale di chitarra
elettrica melodico ma di impostazione metal al termine del quale parte una
ripresa strumentale del tema de “Il pozzo dei giganti”.
Il pozzo dei
giganti è un ottimo
album di rock progressivo che avrebbe fatto gridare al capolavoro se fosse
uscito negli anni ’70. La band è quanto mai affiatata, pur risultando sulla
carta composta da musicisti con esperienze musicali completamente diverse.
Carlo Bordini possiede una tecnica impeccabile ed è un piacere risentirlo in
ambito rock dopo decenni di musica classica e jazz;
Antonio Tartarini conferma di avere una delle voci più
belle del panorama prog italiano ed il suo cantato risulta particolarmente
emozionante nelle parti più melodiche;
Gianluca De Rossi sfoggia estro e strumentazione
degna dei migliori tastieristi anni ‘70: Hammond C3 equipaggiato con Leslie
122, MiniMoog, Mellotron M400, Fender Rhodes MKII, Hohner Clavinet D6 ma anche
Piano Yamaha CP33 e Roland JX8P;
Ludovico Piccinini si rivela un chitarrista talentuoso
e duttile dalla solida tecnica che radica nella musica classica, dando prova di
essere ben più di un chitarrista metal potendo portare accentuazioni jazz e
fusion;
il jazzista Pino Sallusti con un passato di esperienze
con artisti come Mike Mainieri, Geroge Garzone, Eddie Henderson e Gary Bartz
adotta in un contesto prog bassi acustici elettrificati e contrabbasso con
risultati sonori sorprendenti.
La formazione ha debuttato dal vivo lo stesso 18
maggio con un concerto nel Prog Festival del FIM. La band, alle 15.30, dopo
aver eseguito “Il pozzo dei giganti” e “Manfredi” si è lanciata,
emozionatissima (soprattutto Tartarini che potrebbe far parte dei nuovi Il
Ritratto di Dorian Gray, dato che appare tale e quale a quarant’anni fa!), in
una bella versione di “Country grave-yard”, fedele all’originale grazie alla
perizia degli ottimi musicisti e che ha lasciato senza fiato i pochi ma attenti
spettatori, tra cui il sottoscritto e l’amico Roberto Attanasio. Dopo aver
assistito all’intero concerto fianco a fianco, al termine del pezzo ci siamo
abbracciati, consci di aver assistito ad un avvenimento al limite
dell’incredibile anche per due fan sfegatati come noi, un’ulteriore dimostrazione
che nulla è impossibile nel mondo dei ‘Goblin’.
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