Nei prossimi tre post vi presento una super recensione
del tour americano dei Goblin scritta da Denis Podnos, il fan russo numero uno della band
romana. In realtà è un vero e
proprio diario di viaggio ricchissimo di annotazioni. Denis
riesce a ritrasmetterci le emozioni che ha provato ed è veramente un bellissimo
regalo per il sottoscritto e per tutti gli appassionati dei Goblin. Denis ha
scritto in due settimane la recensione in italiano, ben dodici pagine, e basterebbe questo per
capire la passione e l’amore che nutre per questa band ma leggendo le sue
parole non potrete che rimanere profondamente colpiti. Ho editato il testo
originale, peraltro scritto in un buon italiano, portandolo a
nove pagine ed effettuando alcune piccole correzioni grammaticali ma preservando il più possibile lo spirito con cui è stato scritto. Ma lascio la parola a Denis:
"Ciao cari amici italiani!
Finalmente dopo quell’avventura fantastica,
vissuta negli Stati Uniti insieme con i miei due amici, seguendo le tracce
americane di Goblin, provo a fare una recensione e chiedo perdono in anticipo
perché sarà più una raccolta di impressioni che una recensione di ogni
concerto.
Negli States ci siamo divertiti come matti sin
dall’inizio, grazie ai Goblin sono riuscito a tradurre in realtà un mio sogno.
Abbiamo viaggiato per il paese, vestiti con magliette e felpe con il logo di
Goblin ed io ogni tanto anche con un cappellino con lo stesso logo, facendo
cosi pubblicità al gruppo e raccontando agli americani che siamo venuti dalla
Russia per vedere sei concerti di questi musicisti italiani. Che ristate quando
alcuni ci chiedevano se eravamo noi tre la band!
I musicisti si sono dimostrati bravissimi! La loro
potenza è immutata dopo tanto tempo insieme e quattro anni di separazione. Già
prima di partire per gli Stati Uniti, avendo comprato i biglietti per sei
concerti, pensavo che forse sarebbe stata un’esperienza monotona assistere a
tanti concerti con lo stesso set-list ovunque. Ma pian piano nei giorni
seguenti ho visto che i Goblin sanno mantenere ancora quel loro tipico suono che
lascia sentire ogni volta qualcosa di nuovo nelle stesse composizioni.
Il set-list di tutti i concerti prevedeva i brani
Magic Thriller, Mad Puppet, Dr. Frankenstein, Roller, E Suono Rock, Aquaman, il
medley Non Ho Sonno/Death Farm, Goblin, L’alba dei Morti Viventi/Zombi,
Tenebre, Suspiria, Profondo Rosso e Zaratozom.
I concerti si aprivano con l’entrata in scena
della bellissima figlia di Massimo, Valeria Morante che danzava leggera,
muovendosi liberamente, accompagnata da effetti sonori da Magic Thriller. La seguivano sul palcoscenico Fabio, Agostino,
Maurizio, Aidan e Massimo che iniziava l’avventura con un gesto circolare,
mostrandoci il suo plettro. Il brano me lo ricordo di più sempre per quel bel
assolo jazzato al piano amplificato di Maurizio. Per il resto il brano ha un
gran lavoro complessivo con Aidan che brilla all’organo elettrico (sembra una
funzione Hammond B3 del sintetizzatore Nord Stage 2) in duetto con Maurizio e
Massimo suona benissimo il suo drammatico assolo alla chitarra elettrica. E la
base ritmica.... inutile dire, fortissima e giusta anche se non tanto creativa,
visto il carattere poco progressive di Magic Thriller.
Alla fine di questo primo numero Massimo parlava
al pubblico, salutando la gente, ringraziandoci per essere venuti, rivelando il
nome del brano appena suonato ed annunciando la prossima composizione.
Mio Dio, Mad
Puppet! Mi affascina sempre quel geniale e potentissimo assolo di Fabio
Pignatelli che fa ancora buonissima impressione e dei brividi nella sua
versione originale ma che è stato elaborato per i concerti del 2009 (mi pare
che è diventato ancora più diverso quest’anno), con una buona dose di improvvisazione.
Fabio riesce ad ottenere un suono riverberato, ricco, profondo e spazioso con
grande stile, passando bene dalle note basse alle alte (quando il suo
Rickenbacker suona quasi come una chitarra). Dopo quel favoloso inizio,
accompagnato dagli effetti elettronici d’atmosfera e dalle voci preregistrate,
e la ben ritmata e calma parte centrale, la band parte con il brevissimo ma
efficace e forte crescendo di Agostino per un viaggio rockeggiante che vede
Aidan all’organo elettrico come nel primo brano e Maurizio (se non mi sbaglio
al piano elettrico) in un duetto tasti eristico. Poi Maurizio con un gradevole
assolo più lento e un po’ giocoso al sintetizzatore che mi fa venire in mente
il suono primi anni ottanta di un tastierista fusion/smooth jazz americano Jeff
Lorber. Bello ed originale il contrasto fra i tempi di Aidan e Maurizio ed
anche fra la sezione ritmica e Maurizio. Questo apprezzabile arrangiamento
rende la composizione molto più dinamica rispetto allo statico originale.
Cosi si arriva alla mia composizione preferita Dr. Frankenstein. Buonissima la
transizione da pochi suoni delicati, qualcuno alto, altri più bassi, ai
prevalenti suoni duri e crudi di Massimo, il solista dei primi quattro minuti,
accompagnato dal familiare sfondo sonoro curato da Aidan e Maurizio, prima
minimalistico, poi fatto di esercizi improvvisati al piano elettrico e
sintetizzatore. Bella la combinata entrata di Fabio ed Agostino che si tengono
bene insieme fino alla conclusione del girovagare complessivo del gruppo, poi disarmonizzandosi
consapevolmente in quella corsa maniacale e disordinata della seconda parte del
brano. Favolose le lunghe onde ed anche le note corte e cupe del basso di Fabio
che si impegna con qualche solismo brevissimo soltanto per supportare il gruppo.
Pur avvicinandosi alla struttura del capolavoro originale, la versione
concertistica mi sembra abbia un umore meno onirico grazie al suono delle
tastiere di Aidan non così crudo come quello di Claudio Simonetti nell’album
originale. Personalmente ritengo che è impossibile superare l’originale troppo
diabolico ma ringrazio i Goblin per una onesta interpretazione con un’anima
curiosamente più umana.
Di Roller
mi sono piaciuti tanto la precisione di Massimo Morante nei suoi accordi
arpeggiati, seguiti subito da quel riff classico, il cupo e fortissimo basso di
Fabio che ruggisce come un motore potente di un’automobile americana, la
sintonia tra Maurizio e Aidan con efficacissima sincronizzazione, l’assonanza
tra l’arpeggio di Massimo e lo spartito per clavicembalo al sintetizzatore di
Maurizio, il drumming sostenuto ma anche talvolta appositamente convulsivo. La
pausa del brano giunge opportuna, facendo scaturire degli applausi per il
gruppo, prima dell’assolo finale di Aidan all’organo con un bel crescendo che
porta ad un momento drammatico per Massimo che si scatena in un suono duro di
grande impatto. Il tutto si conclude con una scala improvvisata da parte
dell’intero complesso come nel finale di Death Farm da Nonhosonno che non è
tipico per gli storici Goblin (un finale che verrà usato più volte in altre
composizioni suonate nei concerti da noi visti). Bellissimo!
E Suono
Rock si distingueva per l’uso di
EWI (electronic wind instrument, cioè un strumento a fiato elettronico) da Aidan
che sostituisce il sassofono di Antonio Marangolo e per un drumming pulito con
un tempo interessante che a me sembra insolito, forse un po’ meno frenetico di
quello della versione originale. Aidan ha anche vocalizzato benissimo e con
passione, rifacendo poi quel grande assolo veloce di Claudio Simonetti
all’organo elettrico. Naturalmente non poteva mancare Massimo che ha mostrato
pure la sua anima rock che grazie a Dio non invecchia. Anche questo brano i
Goblin lo terminano tutti insieme in un tumultuoso orgasmo sonoro. Forza ragazzi!
In Aquaman
Massimo Morante ha di nuovo fatto un bellissimo lavoro. Entra per primo, come
per incanto, tra le gocce di acqua create dal bravo Aidan ed è come se stesse
già suonando la sua chitarra classica, al di la di quel mondo gobliniano.
Rimane a suonare perfettamente per un tempo che mi pare più prolungato rispetto
al brano originale. Poi il brevissimo crescendo lento di Agostino apriva le
porte a un assolo alla chitarra elettrica di Massimo tanto emozionante,
espressivo e ricco di sonorità, che accelera sempre di più fino ad arrivare a
quei pochi ma efficacissimi tocchi brevi alle corde. Ed al fianco del
chitarrista, naturalmente, il buon Fabio, che suona con una raffinatezza tutta
sua, alternando i pochi suoni sottili riverberati a quelli senza riverbero di
un effetto più immediato. Agostino, molto rilassato, suona benissimo insieme a
Fabio. Allo stesso tempo Aidan e Maurizio
creavano il tanto desiderato sottofondo tranquillo, supportando benissimo il
viaggio del chitarrista. Direi che i Goblin hanno
ricostruito questa loro favola subacquea perfettamente senza qualche
cambiamento. Bravi!
Non Ho
Sonno con la bellissima sezione
ritmica e l’assolo calmo e dolce di Aidan alle tastiere che assomigliano ad un
carillon, accompagnato da una danza libera ed energica di Valeria, è stato
tagliato di un minuto e mezzo, perdendo cosi una piccola parte di quel
drammatico ed onirico intermezzo e la parte
finale col tema ripreso dell’originale, ma trasformandosi bene in un modo
piuttosto gobliniano in Death Farm
che iniziava con un suono drammatico, diventando poi sinistro e proseguiva
attraverso il rapido passaggio sui tasti del piano di Maurizio nella parte
centrale, molto dura grazie al fantastico lavoro fatto da Fabio, Agostino e
Massimo, la cui chitarra diventa poi isterica, impegnando anche il bravo Aidan
in un viaggio vertiginoso al sintetizzatore che
sembrava ancora più lungo di quel funambolico passaggio stellare suonato da Claudio Simonetti per la colonna sonora.
Poi il capolavoro Goblin. Spiccano le transizioni in classica maniera gobliniana tra
le varie fasi di questa favolosa composizione, col cambio di ritmo, tempo e
melodie. Molto toccante e pieno di passione l’assolo di Aidan al Minimoog, non
tanto spaziale come quello di Claudio dall’album originale. Raffinatezza pura
al basso da Fabio con quelle onde lunghe e le vibrazioni piuttosto sottili che
a volte sembrano soltanto frutto di immaginazione, in una interessante e
improvvisa armonia con Aidan durante il suo assolo al Minimoog, e poi la sua
ritmica leggera da morire quando suona funky. Agostino, onnipresente in gran
forma, suona impetuosamente il bordo del rullante e poi passa a un ritmo
galoppante, incrociato a tratti con Fabio, più tardi rilassato, poi riprendendo
forza di nuovo fino al famoso assolo poliedrico con delle apposite pause e
colpi singoli in tempi impressionanti, colpendo la batteria a un certo punto
come se fosse un sacco da boxe. Da Massimo il wah-wah contagioso, i pochi
accordi brevi d’atmosfera e l’assolo principale alla chitarra con una
conclusione efficacissima che però mi sembra meno veloce dell’originale e forse
più psichedelico. Maurizio sopportava i suoi soci benissimo al piano elettrico con
qualche breve nota gentile e un po’ di solismo jazzato e riusciva ad evocare
l’atmosfera dell’originale anche con un autentico suono al clavinet, affiancato
da Massimo in buonissima assonanza. Insomma tutti i musicisti hanno eccelso nel
complessivo studio di questa sottile e ricchissima creatura per il
palcoscenico.
Alla fine dell’epico brano Maurizio parlava al
pubblico dei brani già eseguiti nella prima parte del concerto ed introduceva
la seconda parte, fatta soltanto di colonne sonore, a partire con gli zombi.
E cosi, su sfondo sonoro elettronico solitario di L’alba dei Morti Viventi entrava Massimo
con un riuscitissimo suono graffiante, prolungando le note più volte, poi Fabio
con dei suoni riverberati molto macabri, e
pian piano si mostrava la straordinaria zombi (o se preferite zomba) Valeria
che, vagando per il palcoscenico, mordeva i musicisti qua e la, suo padre al
collo e Fabio alla gamba, sul ritmo di questo onirico capolavoro, curato da
nostri eroi Ago e Fabio che hanno creato una ritmica lenta, fortissima ed
aggressiva, più vicina alla versione alternativa di questo brano nella colonna
sonora originale (traccia 11 di edizione CD Cinevox) che a quello principale. Non
appena finita L’alba, alle parole “one, two, three, four” di Massimo partiva il
brano Zombi nel suo classico modo
terrorizzante grazie all’energica entrata del trio Massimo, Fabio ed Agostino,
proseguendo con degli efficaci effetti sonori elettronici e una ritmica
dinamica, diventando all’inizio della seconda parte proprio funky con il
wah-wah di Massimo al posto giusto e belli assoli tastieristici, per primo quel
jazzato di Maurizio al pianoforte e poi di Aidan all’organo elettrico, ma dopo
aggressivo grazie in particolare alla terrificante tonalità del basso pulsante
di Fabio, arrivando cosi al classico finale. Questa elaborazione dell’originale
rende più interessante questa composizione che a me è sempre piaciuta meno
degli altri brani contenuti in quella colonna sonora. Infatti questo
arrangiamento in chiave funk mi rimanda inspiegabilmente alla sorprendente
revisione di Snip Snap per il leggendario concerto che i Goblin hanno tenuto a
Sanremo il 25 Maggio 1978 ma il ritmo allora era decisamente più accattivante.
Ebbene non è cambiata la struttura di Zombi, tranne l’intervento solistico dei
due tastieristi al posto della parte centrale statica, ma soltanto lo stato
d’animo. Grazie ai Goblin per una rinnovata lettura!
Dopo l’assalto sonoro degli zombi è l’ora di Tenebre, introdotto da Aidan al vocoder
che inizia con le parole “Everybody...can you hear me?” e saluta la gente e la città
del concerto, proseguendo con “this is a song from a movie...by Dario
Argento...and it is called...Tenebre”, usato il solito effetto di prolungamento
del suono della voce, particolarmente riuscito con le parole “everybody” e
“Tenebre”. Grande idea, ragazzi, grazie! L’esecuzione di questo brano con un
batterista al posto del drum machine a me dava una strana sensazione. Sembrano
aver perso quella freddezza del ritmo programmato così appropriata ai suoni
sintetici tipicamente anni ottanta di Tenebre. Il resto era tutto giusto, in
particolare lo straordinario basso di Fabio tutto suo, suonato in un tempo
originalissimo, non privo di qualche improvvisazione e i brevi tocchi alla
chitarra da Massimo.
A questo punto seguiva un piccolo cambio di scena
con uno dello staff che portava la sedia e il bouzuki per Massimo che prendeva
il suo posto, preparandosi a suonare lo strumento greco, accompagnato dai
effetti sospiri. Suspiria impegnava
di nuovo la sempre bellissima Valeria, questa volta in ruolo di ballerina con
un’ottima esibizione. Fabio riusciva ad emulare la tabla col suo Rickenbacker
abbastanza bene, a volte molto basso, e poi improvvisava un po’ nella parte
principale. Nella versione concertistica manca la parte finale del brano
originale, diversamente che nella versione classica, suonata anche durante il
mini tour dell’anno 2009. La parte iniziale della suite ora dura circa 4 minuti
e il nucleo della composizione è stato sostanzialmente rielaborato tramite una
riduzione dei spartiti per le tastiere e l’aggiunta di un breve e bello
passaggio drammatico dal tocco tipicamente gobliniano, ripreso poi da un
diminuendo e da un crescendo che ci porta al finale forte ed improvviso con
Massimo in buona azione insieme al gruppo. Credo che questo capolavoro ha avuto
un ripensamento più radicale ed inaspettato di qualche altro pezzo del
programma. Rispetto ai Goblin per la grinta!
Finita questa parte del concerto, ci parlava Aidan,
salutando e ringraziando il pubblico ed introducendo il gruppo, cioè “the mad
professor of keyboards...a musical genius...Maurizio Guarini”, “on the
drums...a legend from Sicily...Agostino Marangolo”, “an amazing bass player and
producer...Fabio Pignatelli”, “a wonderful musician and guitar wizard...Massimo
Morante”, e poi Massimo ci avvertiva di Aidan “I like to introduce you the new
young Goblin...he is great...on the keyboards...Mister Aidan Zammit”. Questi
epiteti si trasformavano un po’ ad ogni concerto ma queste parole esprimono
bene la stima per ogni membro del gruppo.
Alla chiusura sentivamo degli effetti sonori tanto
famosi e cari per ogni fan di Goblin, la ninna nanna dalla colonna sonora del
film Profondo Rosso e finalmente,
dopo una pausa ben sostenuta, l’arpeggio alla chitarra di Massimo Morante... Il
classico che ha dato vita ai Goblin è stato suonato cosi OK che non c’è niente
da dire se non “bravi ragazzi!” (credo che i nostri hanno sentito questa
battuta più volte durante i concerti, visto che ero l’unico che gridava cose di
questo genere in italiano). Pero c’è un pensiero che non mi lascia, dato che
sono stato fortunato da seguire i Goblin nel loro impressionante mini tour nel
2009. Non so per quale ragione non abbiamo sentito la bellissima e drammatica
coda, messa allora prima della ripresa del tema nel finale, ma mi mancava tanto quel piccolo gioiello che
approfondisce la drammaticità del brano. È un arrangiamento che merita di
rimanere nel repertorio del gruppo, dal mio punto di vista e da quello di Ian
Zapczynski, il leggendario fan americano del gruppo. A noi piacerebbe sentirlo
di nuovo. Vi sarei tanto grato carissimi Goblin!
Usciti dal palcoscenico, i musicisti tornavano
presto, bissando con Zaratozom, una
composizione perfetta per Massimo che la eseguiva benissimo e mi ha anche
sorpreso Maurizio al piano con un pregevole parte di supporto che non mi
ricordavo nella versione originale. L’esecuzione riusciva alla grande con
l’aiuto di Agostino ed un estatico finale dove brillavano gli stessi Agostino e
Massimo. Curiosamente la sezione ritmica alla fine mi fa pensare ai ritmi dei
temi di tensione dalla inedita colonna sonora di Goblin per il film Squadra
Antimafia e quella musica occupa un posto speciale nel mio cuore (ricordo la
mia caccia per il film nel 2002/2003 quando non era ancora disponibile il DVD e
di come mi procurai un vecchio VHS dagli Stati Uniti, la trepida attesa di
poterlo visionare per sentire le musiche di cui mi sembra che nessuno parlasse
a quel tempo). Sono riconoscente ai Goblin per avere risvegliato in me questa
reminiscenza!
Dopo il bis Massimo parlava al pubblico di nuovo,
presentando i musicisti e la “Goblin’s ballerina” Valeria Morante.
Beh, mi sembra di aver esaurito la parte relativa
alla recensione.".
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