venerdì 25 dicembre 2015

Goblin Rebirth Live Report: Genova 18 maggio 2015 / Lugagnano di Sona 20 dicembre 2015.



Doppia recensione per i due concerti che i Goblin Rebirth hanno tenuto nel 2015 ed ai quali ho avuto il piacere di assistere.
Iniziamo con l’esibizione del 18 maggio al FIM di Genova, una kermesse di tre giorni con decine di gruppi ed in cui i Rebirth erano headliner in una giornata che aveva in cartellone (per la sezione Prog Fest) anche i debuttanti Cherry Five, seguiti da Bernardo Lanzetti e dagli UT New Trolls. In questa occasione la band, un poco innervosita (soprattutto Marangolo) per il ritardo accumulato dalle precedenti esibizioni e per l’inclusione di alcuni pezzi mai eseguiti in precedenza, aveva dato vita ad uno show a tratti teso, con un sound parecchio duro, causato dall’impianto audio tarato dai tecnici del suono su livelli più consoni ad altri gruppi in programma. In particolare il volume della grancassa era talmente forte da risultare più simile ad una cannonata, costringendo il sottoscritto ad arretrare in una posizione più laterale per non rischiare danni irreparabili all’udito, al contrario degli amici Roberto Attanasio e Denis Podnos (giunto appositamente dalla Russia) rimasti imperterriti in prima fila. La scaletta del concerto aveva inanellato: “Killer on the train”, “Buio omega”, “Dr. Frankenstein”, “La chiesa”, “L’alba dei morti viventi”, “Connexion”, una sezione con quattro composizioni dal nuovo album in anteprima assoluta perché all’epoca non ancora pubblicato (“Forest”, “Book of skulls”, “Mysterium”, “Evil in the machine”) e quindi “Zombi”; “Suspiria”, “Profondo rosso” e  come bis “Goblin”. 


E veniamo al concerto in quel di Lugagnano di Sona, appena fuori Verona. Il club 'Il Giardino' è una piccola oasi di buona musica in un deprimente deserto di proposte. Basta dare un’occhiata agli eventi che si tengono in questo minuscolo locale (in pratica un garage doppio) per rendersi conto che di qui transitano artisti di grande livello. Il concerto dei Goblin Rebirth del 20 dicembre è stata una vera e propria festa, un’occasione fantastica per ritrovarsi tra amici gobliniani (Max Velvet, Roberto Attanasio, Giampietro Callegaro, Marco Bertuzzi con l’aggiunta insperata all’ultimo momento di Diego Vergari che ha addirittura fatto da roadie a Marangolo), sia tra il pubblico che sul palco. 


Sottolineo, sul palco, perché i musicisti hanno dimostrato autentico affetto tra di loro e nei confronti del pubblico, dando tutto quello che potevano. Questo nonostante la stanchezza, con Pignatelli e Cherni reduci dal concerto di Venditti in quel di Ancona, tenuto la sera precedente (motivo che aveva costretto band ed organizzatori a spostare la data del concerto dal 19 al 20 dicembre) mentre Marangolo, si era sorbito 9 ore di treno per arrivare in quel di Padova alle 15,30 e poi raggiungere in auto Verona, accompagnato da due suoi ex allievi. Avevo prenotato quattro posti in prima fila (per Max Velvet e due mie care amiche, Diana e Tania) non appena si era diffusa la notizia del concerto e l’emozione di assistere allo show a pochi centimetri dai musicisti, in pratica sul palcoscenico (che non è rialzato ma allo stesso livello del pavimento), è stata davvero fortissima: eravamo talmente vicini da poter azionare la pedaliera di Giacomo Anselmi! 


La cosa ha avuto anche una controindicazione poiché il chitarrista mi ha impedito di vedere Marangolo per tutto il concerto (tranne l'assolo) mentre Pignatelli impallava Cherni….


I Rebirth hanno eseguito: “Killer on the train”, “Buio omega”, “Dr. Frankenstein”, “Forest”, “Connexion”, Book of skulls”, “La chiesa”, “Le cascate di Viridiana”, “Back in 74”, “L’alba dei morti viventi”, “Mad puppet / Death Dies”, “Mysterium”, “Zombi”; “Evil in the machine”, “Suspiria”, “Profondo rosso” e  “Goblin”.


Un concerto sensazionale, in cui è difficile segnalare i pezzi migliori ("Buio omega", "Back to 74", "Le cascate di Viridiana", "Goblin") e con ben poche sbavature (il basso quasi inesistente in "Killer on the train", un contrattempo in "Zombi", il vocoder troppo basso in "Evil in the machine"),  al termine del quale i musicisti, nonostante la stanchezza, con incredibile gentilezza hanno soddisfatto le richieste di foto ed autografi di praticamente ogni spettatore presente nel club.



Al ritorno, tra fitti banchi di nebbia, restava l’amarezza di constatare come in Italia gruppi del calibro dei Goblin (Rebirth o meno) abbiano enormi problemi a trovare ingaggi adeguati e siano costretti a rivolgersi all’estero. Purtroppo nemo propheta in patria...


mercoledì 4 novembre 2015

Nuova edizione in vinile per Shock dei Libra!!


Dal 4 novembre è disponibile (qui) una nuova lussuosa edizione in vinile della colonna sonora composta dai Libra per il film ‘Shock’ di Mario Bava.


La pubblicazione di questo album è la coronazione di un lavoro che si è protratto per molti mesi è che ha coinvolto, oltre al sottoscritto (nel ruolo di supervisore e primo ispiratore!), il grafico Eugenio Crippa ed il boss della AMS Matthias Scheller. Vi farò un riassunto del ‘backstage’ di questa produzione con estratti dalle mail e bozze di copertina, potrete così rendervi conto di quanto lavoro (e passione) c’è dietro l'album e di come si è arrivati alla versione finale, frutto di una mediazione tra le idee di ognuno di noi.


Facciamo un salto indietro nell’ottobre 2014, ecco la mia prima mail:
La copertina originale è carina, anche la stampa giapponese ha una bella grafica, diversa. Io avrei in mente un’altra cover, proverò a fare un bozzetto. Si potrebbe farlo uscire in due edizioni diverse”.
Qualche giorno dopo inviavo la mia bozza di cover
 

Shock bozza 1 by Fabio Capuzzo
Dopo qualche mese di silenzio, Eugenio nel marzo del 2015 mandava la sua prima bozza di cover:
 
Shock bozza 2 by Eugenio Crippa


bozza che io giudicavo troppo “exploitation all’americana quando il film è invece raffinato e misurato”. Predisponevo quindi una nuova versione della cover, esterna ed interna, a grandezza naturale  con ogni elemento grafico su un diverso livello ed il titolo scritto con la grafia corretta, restaurando l’immagine della locandina che all’epoca venne stampata con alcuni difetti.


Shock bozza 3 copertina esterna by Fabio Capuzzo


Spiegavo che:

Dato che l’album è raro ed assai ricercato (oltre che bello dal punto di vista musicale) pensavo che si poteva realizzare in doppia versione, una identica all’originale ed in vinile nero, un’altra con nuova grafica, gatefold e vinile colorato a tema (pensavo un effetto ‘haze’ un colore di base con un altro che lo offusca tipo presenza ectoplasmatica). Ho realizzato una bozza di come potrebbe essere la copertina (con il titolo scritto in modo corretto), lasciando lo spazio per i credit ed eventuali foto o note di copertina (sul film o sui Libra). Sarebbe bello dedicare il disco ad Alessandro Centofanti, morto pochi giorni fa e magari contattare Walter Martino per qualche retroscena sulla realizzazione dello score”.
 
Shock bozza 3 copertina interna by Fabio Capuzzo

Matthias sull’onda dell’entusiasmo proponeva “e se al posto del solito gatefold o bauletto facessimo una edizione limitata con copertina formato cartonato pesante 64x96 pieghevole, ossia con 12 facciate in totale (sei per lato) dove sbizzarrirci con copertine originali, rifatte, poster e quant'altro, se Fabio ha voglia potrebbe coordinarla artisticamente”.

Eugenio replicava

un'ipotetica via di mezzo che comprenda tutto può essere: confezione bauletto (quindi NON apribile) con poster 60x90 stampato su un solo lato, come fu fatto ad esempio per 'non ho sonno'. in tal modo ci sarebbe spazio per un'immagine grande che occuperebbe i 4 riquadri superiori, mentre nei 2 sottostanti andrebbero note, altre immagini di lobby e locandine e quant'altro”.

La mia controproposta:

Io sarei per una cover gatefold o tripla gatefold (sul modello Alphataurus). Come appassionato / collezionista non ho mai amato troppo i poster che risultano un po’ scomodi da aprire (se sono grandi), necessariamente piegati più volte e che non finiscono praticamente mai appesi ai muri (dove dovrebbero stare) ma rimangono all’interno dei dischi. Mi sembra più pratica e attraente una copertina apribile che espone tutta la ‘mercanzia’ in bella vista e che uno può comodamente leggere / guardare mentre ascolta la musica”.

Il 1° aprile riassumevo le varie ipotesi
Cover tripla gatefold con due possibilità.
La prima ‘pulita’ vale a dire all’interno due immagini a tutta anta (che si potrebbero trattare come se fossero copertine alternative quindi con le scritte ‘colonna sonora’, ‘musica dei’, una specie di scegli quella che ti piace di più) e sull’anta centrale note di copertina, credit, flani in bianco e nero + immagini in b/n. Inoltre il solito inserto con il materiale fotografico (poster e lobby ) a colori. 
La seconda con tutto il materiale fotografico riportato sulle ante negli spazi vuoti attorno ai disegni e nessun inserto interno. Dovrebbe risultare più incasinata.
Fare uscire Shock anche in edizione standard con la stessa copertina e la stessa scaletta dell’album Cinevox, vinile nero da 180 gr.
Realizzare un singolo con i brani The shock / Tema di Marco I & II. Copertina nuova, diversa da LP, tiratura limitata, numerata a mano, vinile colorato”.

Eugenio proponeva di utilizzare due immagini “l'illustrazione di Daria Nicolodi con le mani insanguinate secondo me è perfetta per la copertina, mentre la foto del bambino indemoniato della lobby card andrebbe sul retro e quel riquadro bianco si potrebbe estendere mettendoci tracklist e crediti”.




Dopo aver ammesso che “l'immagine di Daria con le mani insanguinate è molto suggestiva ma mi pareva di qualità insufficiente per la copertina di un LP, l'avevo pensata come cover del 45 giri!” il 16 aprile inviavo un “rendering molto approssimativo della eventuale copertina tripla con un soggetto diverso per ogni anta, sul retro foto del bambino che piace ad Eugenio e spazi per credit e note di copertina (due colonne, una 'bava' l'altra 'libra' nelle ante con altalena / disegno 'Nicolodi e mano-morta')”.

Shock bozza 4 copertina tripla by Fabio Capuzzo

Il 2 giugno Eugenio inviava l’anteprima della copertina esterna
 
Shock bozza 5 copertina esterna tripla by Eugenio Crippa

Io invece caricavo i master audio delle due edizioni e sceglievo il colore del vinile, abbinato a quello della cover, ottenendo l’immediato placet anche di Eugenio. Poteva quindi iniziare la fase si stampa del disco che ha richiesto svariati mesi, visto il boom dei dischi in vinile. Nel frattempo Eugenio continuava a lavorare sulla cover e predisponeva un’anteprima completa.

Shock bozza 6 copertina tripla by Eugenio Crippa

Suggerivo di “togliere le scritte ‘un film di Mario Bava, colonna sonora originale dei’ e rimpicciolire LIBRA di un 20% per vedere se viene più 'pulito'” anche se, in tutta onestà, avrei preferito mantenere il mio logo dei Libra e le scritte in giallo.


Il 20 luglio Eugenio mandava una nuova preview, senza la scritta ‘un film di Mario Bava - colonna sonora originale dei’, ma mantenendo il logo dei Libra perché “segue la sagoma della Nicolodi in copertina e rimpicciolirlo significa togliere questo elemento grafico dalla cover”.


Shock bozza 7
Il 10 agosto Eugenio tornava sul luogo del delitto:
ho modificato l'interno inserendo l'inserto giapponese e mettendo l'illustrazione della Nicolodi con le mani insanguinate più piccola, presa da un altro poster. Il fatto è che la versione precedente era messa decisamente male, e nonostante i tentativi di restauro non credo avrebbe avuto il giusto impatto in stampa”.
 

Shock bozza 8 by Eugenio Crippa


Immediata la mia risposta:
la copertina esterna lasciamola con poche cose, senza affastellare foto in b/n con poster a colori ed i titoli giapponesi non c’entrano nulla.
Facciamo una prova di stampa per vedere in concreto se la copertina precedente ed in particolare quella facciata non regge per scarsa qualità dell’immagine. Se non regge sostituiamo quella immagine con, in ordine di (mia) preferenza a) il disegno del volto della Nicolodi con la mano del marito insanguinata o b) il fronte copertina della versione LP giapponese senza le scritte, andrà fatta qualche modifica all’interno per sostituire l’immagine che finisce sul fronte con qualcosa d’altro (ad esempio il poster UK a colori non è stato utilizzato)”.

Nella riunione finale del 25 agosto tra Matthias ed Eugenio veniva deciso di tornare alla versione precedente della cover che finalmente poteva andare in stampa.
 
Shock copertina definitiva


Questa nuova versione di Shock si caratterizza, oltre che per la nuova grafica triple gatefold che racchiude riproduzioni di memorabilia (legate al film ed ai Libra) provenienti dalla mia collezione e le note di copertina curate da Eugenio Crippa, anche per i contenuti più strettamente musicali. Sinceramente ritengo che la track-list dell’album originale sia perfetta ma per questa edizione speciale abbiamo pensato di aggiungere anche le quattro tracce supplementari presenti nel CD del 2002 ed ho cercato di non rovinare la scaletta mettendole con un certo criterio.



Ho preparato due master, uno per l’edizione limitata de luxe con i brani aggiuntivi ed uno per l’edizione successiva che sarà identica all'album originale. In entrambi i casi ho rimasterizzato i brani e se ascoltando “L’altalena rossa” vi sembrerà che le chitarre acustiche siano nella vostra stanza, trasformatasi in un giardino e che con voi ci siano anche Dora e Marco, beh allora state attenti a non calpestare il rastrello perché potrebbe trasformarsi in una mano decomposta!



mercoledì 21 ottobre 2015

Nuove edizioni CD per ‘La via della droga’ dei Goblin e ‘Shock’ dei Libra.

La Cinevox ha appena rilasciato due nuovi CD dedicati alle colonne sonore di ‘La via della droga’ e ‘Shock’. Entrambi i prodotti si differenziano rispetto alle precedenti edizioni per le nuove copertine e per i contenuti musicali.


‘Shock’ (scusate ma io continuo a chiamarlo così e non Schock come orribilmente riportato su LP e CD, errore che discende da una svista compiuta dal grafico che si occupò di realizzare il materiale pubblicitario del film che si intitola Shock come correttamente riportato nei titoli di testa e nei visti di censura) contiene 25 tracce (ben 11 in più rispetto al CD pubblicato dalla Cinevox nel 2000) per una durata complessiva di circa sessanta minuti. Sono presenti varie versioni alternative inedite, le più interessanti delle quali sono “The shock (musica alla radio)” un tema lounge completamente nuovo in cui si sente bene l’apporto di Pennisi ma che è rovinato da una fastidiosa spaziatura sulla batteria e la “suite finale”.



Per ‘La via della droga’ invece la Cinevox ha deciso di sciogliere le suite che aveva realizzato per la precedente versione CD e presentare le varie M singolarmente. Il CD contiene 26 tracce per una durata complessiva di 32 minuti. Nonostante nello scarno libretto sia indicato che il disco contiene ogni nota registrata dai Goblin per questo score, le cose non stanno assolutamente così.



Chiaramente due acquisti obbligati per gli appassionati ma vi posso assicurare che il discorso relativo a ‘Shock’ e ‘La via della droga’ non è chiuso e che in futuro per queste due colonne sonore ci saranno delle belle sorprese….! 

martedì 30 giugno 2015

Goblin Rebirth: la recensione dell'album.


Oggi, 30 giugno 2015, è la data ufficiale di pubblicazione dell'album omonimo d’esordio dei Goblin Rebirth. Il lavoro prodotto e missato da Fabio Pignatelli, co-prodotto dalla band, masterizzato da Bob Fix, si presenta con una fantastica copertina curata da Orion Landau.



L’album si apre su “Requiem For X” (Anselmi, Pignatelli, 4’16”) con suoni di carillon, campanelle da chiesa, un synth che fischia il tema triste, voci filtrate, un arpeggio di pianoforte e l’organo da requiem su cui si innestano i tipici stacchi dei Goblin per poi prendere ritmo e presentare un nuovo tema chitarristico con svisate solistiche, ripreso dal synth in assolo sino al finale con l’arpeggio di tastiere e gli stacchi conclusivi. Il pezzo sembra rievocare nascita, vita e morte di un goblin ed è una degna apertura per questo lavoro, lasciando trasparire richiami al passato ma anche nuovi impulsi. Per Pignatelli "il pezzo è nato da un arpeggio ed una melodia di Giacomo che poi ho sviluppato. La musica è un’ode funebre a X il protagonista dell’album" mentre Anselmi ha precisato che "la canzone è una preghiera. Parte in modo molto triste ma si sviluppa sino a diventare furiosa nel finale. Narra la storia della morte di un goblin e Fabio ha arrangiato tutto il brano. Si pensava di far intonare ad un bambino la melodia fischiata all’inizio ma poi abbiamo cambiato idea, non volevamo un altro ‘School At Night’. E’ incredibile, un crescendo continuo sino a quando la canzone si ferma: quello è il momento in cui X muore".

“Back in 74” (Zammit, 4’23”). Suoni siderali, riff di tastiere, entrano batteria e basso in un incedere fusion molto seventies. La chitarra elettrica si produce in armonici a cui segue un intermezzo dissonante di tastiera ed il tema, una scala suonata da organo ed elettrica all’unisono. La struttura viene ripetuta, poi il pezzo si ferma e riparte sugli interventi della batteria e gli accordi di pianoforte, note soliste di synth ed un assolo di chitarra elettrica, moderno e dissonante che porta al finale con la ripetizione del tema suonata questa volta dal moog e le note conclusive di carillon. “Back in 74” non è semplicemente un ritorno alle origini, a quel 1974 in cui i Goblin tentarono la carta inglese ed incisero Cherry Five, il brano richiama il passato ma lo fa in modo innovativo con Zammit che firma il pezzo migliore dell’album.

“Book Of Skulls” (Zammit, 6’07”) inizia con un accenno di coro gregoriano ed un trascinante giro di basso sabbatiano in primo piano, sostenuto dalla batteria. Parte un tema misterioso al synth seguito da orpelli artificiali gorgoglianti e poi ripreso dalla chitarra in assolo. Il pezzo si velocizza e si ferma su arpeggi di tastiera ed un nuovo tema triste suonato da synth e piano, poi sottolineato dalla chitarra e dalla entrata della batteria su una base di simil mandolini con il ritmo che raddoppia verso il finale.

“Mysterium” (Cherni, Pignatelli, 4’24”). Un arpeggio nervoso di elettrica su cui si innestano in contrappunto le scale gobliniane di tastiera, entra la batteria quadrata ma su tempi dispari ed altre tastiere con sonorità da xilofono, un brevissimo intermezzo di tastiere con effetto coro, riparte il riff ed entra anche il basso pastoso, tastiere coro intonano un tema inquietante seguito da alcuni breaks e dalla elettrica. Dopo una pausa, riparte il tema iniziale eseguito dalle tastiere su accordi di buzuki mentre un synth colora un assolo dai bei suoni sintetici su cui basso e batteria scandiscono una cadenza ‘suspiriana’, innesco per un assolo di chitarra elettrica a cui seguono la ripresa del tema ed una sezione di breaks in crescendo. “Mysterium” è un pezzo molto elaborato in cui le note iniziali della chitarra evocano il riff di “Girl u want” dei Devo ma si percepiscono rimandi a “Suspiria” (ed anche “L’alba dei morti viventi” nel tema di tastiere) ed è un bel saggio delle capacità tecniche dei musicisti con Anselmi che suona un assolo degno di un gruppo metal mainstream degli anni ’80.

“Evil in the machine” (Pignatelli, Zammit, 6’17”) viene innescato dalle linee veloci del basso potente seguito dalle entrate cadenzate di batteria ed elettrica, preludio ad uno shuffle di batteria su linee di basso ostinate ed incalzanti e misteriche note di synth. Una voce artificiale intona: “Evil in the machine, demonize dehumanize, for absolutely control. Evil in the machine, demonize dehumanize, to sanctify your soul, Binary infection, Binary infection”. Terminato il ‘cantato', si innestano entrate arrembanti ed un sottofondo di quasi mellotron per poi ripartire con il giro di basso iniziale e la ripetizione del cantato. Pignatelli riesce nell’impresa di superare l’entrata leggendaria di Chris Squire in “Does it really happen” degli Yes con un basso di potenza devastante. Il pezzo è sospeso tra ritmiche disco futuristiche alla Moroder con tanto di vocoder e sezioni più disarmoniche e prog, care ai King Crimson degli anni ’80.

“Forest” (Pignatelli 6’26”). Synth atmosferici, note d’organo e di synth, una  voce di donna dolce e melodiosa, entrano il basso e percussioni digitali in eco, gli arpeggi di chitarra elettrica e quindi la batteria. Dopo un assolo ‘alla Gilmour’, il pezzo si acquieta su percussioni riverberate, qualche nota di basso e sfuma lentamente su effetti di tastiere e nastri. Brano atipico, sospeso tra ambient e new age vede l’apporto vocale ‘celtico’ di Roberta Lombardini, già collaboratrice con Cherni nei Fluido Rosa e nell’album A New World dei Soundquake Project.

“Dark bolero” (Pignatelli 4’48”). Una cadenza d’archi, percussioni, chitarra acustica battente e spagnoleggiante, il violoncello di Francesco Marini esegue un tema drammatico a cui fa poi da contraltare un motivo di tastiere quasi a carillon, entra la batteria su tempi dispari e poi il basso in assolo. Il pezzo si sviluppa in senso etno rock e dopo il bridge la sezione finale presenta un coro di voci che intona una litania adatta ad un remake de 'Il presagio'.

“Rebirth” (Pignatelli 7’36”). Un loop inquietante di synth, veloci percussioni, un tema gobliniano, vorticose linee di basso e charleston, un brevissimo intermezzo con scale di chitarra ed una ripartenza con arpeggi di buzuki ed il ritmo velocizzato, un tema al synth in crescendo così come il brano che sfocia in una assolo di chitarra elettrica e termina su effetti, loop di tastiere e suoni atmosferici. “Rebirth” presenta una varietà di spunti, si parte con le fragranze medio orientali delle percussioni di Arnaldo Vacca (presente anche in “Dark Bolero”), il tema acustico che rievoca ‘Profondo rosso”, una parte rock ed una più prog con un incedere alla Genesis dei tempi d’oro di Selling England by the pound, un assolo di chitarra elettrica con le scale classicheggianti care a Malmsteen, un finale su effetti ambient molto pinkfloydiani.


Goblin Rebirth è un album vario in cui si sentono influenze diverse e non solo quelle della musica da film horror: il prog si mescola con la fusion  di Brand X ed UK ma anche con world ed ambient music in un amalgama piacevole e scorrevole. Un’anima diversa che richiama certamente i Goblin ma con caratteristiche peculiari, dimostrando così che i Goblin Rebirth hanno una loro ragione d’essere. Gli innesti alla storica sezione ritmica si rivelano acquisti di assoluto valore, non solo dal punto di vista esecutivo ma anche da quello compositivo, tanto che i brani firmati (o co-firmati) da Zammit, Chermi ed Anselmi ad un primo ascolto risultano i migliori dell’album. La band presenta l’album come una sorta di concept, come si usava fare negli anni ’70 ed in un foglio inserito all'interno della copertina viene raccontata la ‘trama’ dell’album, suddivisa per ogni singolo brano, quasi che la band non si fidasse della forza evocativa e filmica della loro musica, sicuramente superiore a quella della trama riportata e che così può essere riassunta:
X, un goblin morto per essersi fatto vedere da un cacciatore, assiste al suo funerale / e poi rivede la sua infanzia. / Messosi in viaggio, raggiunge un palazzo scolpito nella roccia dove prende un libro / si perde in un misterioso labirinto, spiato, apre una porta e / si trova in un mondo digitale costruito dagli umani in cui intravede una figura simile a lui, una femmina delle sua stessa specie / con la quale vaga in una foresta incantata, innamorandosene / ma che poi tradisce venendo abbandonato, la sofferenza è enorme, tanto da sentirsi morire / per poi rinascere in un nuovo ciclo vitale.



Da notare che il CD e il vinile hanno una scaletta dei brani leggermente diversa. Quella scelta dal gruppo segue l’ordine che ho riportato nella recensione ma nel vinile (per ottenere una durata uniforme sui due lati e quindi una ottimale qualità audio) la scaletta è questa: Requiem For X, Back in 74, Book of Skulls, Forest / Evil in The Machine, Mysterium, Dark Bolero, Rebirth.
                                                                      Fabio Capuzzo


sabato 20 giugno 2015

Cherry Five: Il pozzo dei giganti. Recensione dell'album e del concerto d'esordio.




Il 18 maggio scorso si sono presentati sulle scene discografiche e concertistiche i Cherry Five. La band capitanata da Carlo Bordini e da Toni Tartarini allinea tra le proprie fila il tastierista Gianluca De Rossi (Taproban), già compagno del batterista nell’avventura De Rossi & Bordini, il chitarrista Ludovico Piccinini (Prophilax) ed il bassista Pino Sallusti (Pino Sallusti Group, Pasquale Innarella Quartet). In occasione del FIM, la Fiera Internazionale della Musica che si è tenuto a Genova dal 16 al 18 maggio, è stato pubblicato in una prima edizione limitata di appena 100 copie numerate a mano e con copertina a poster, il CD Il pozzo dei giganti, registrato tra marzo ed aprile 2015 nello Studiosette di Roma (già sede delle prove nel giugno 2014). L’album che reca in copertina un dipinto di Daniela Ventrone è dedicato alla Divina Commedia di Dante Alighieri e contiene tre brani: “Il pozzo dei Giganti”, “Manfredi” e “Dentro la cerchia antica”.


 “Il pozzo dei Giganti”, si apre in modo rumoristico con piatti, armonici di basso, note d’organo effettate con il Leslie su cui entra il riff d’organo, assoli di chitarra e la voce, un bridge eseguito all’unisono da tastiere ed elettrica, poi entrambe in assolo con il MiniMoog dalle sonorità Simonettiane. Subentra quindi una parte più melodica, divisa in due sezioni, la prima si conclude su un assolo di batteria, la seconda sugli accordi aperti e ripetuti del pianoforte ed il cantato drammatico per poi sfociare in assolo di basso acustico, prima melodico poi più veloce ed in un intenso assolo di chitarra elettrica. Inizia quindi un tema al piano elettrico dalle coloriture quasi funk ma assai rallentato, ripetuto poi anche dalla elettrica con l’organo a fare da sottofondo e la voce che recita versi in latino su cui si inserisce una parte in crescendo con il tema eseguito dal synth, un assolo di chitarra ed una nuova pausa su cui si innesta una tastierina, percussioni, mellotron e quindi l’elettrica dura e tagliente con la voce che raggiunge toni più alti, urlando un “chi mi salverà” in un crescendo disperato sottolineato da un assolo teso di Moog e dal finale con gli stacchi dei vari strumenti. 
Il pezzo si sviluppa come una vera e propria suite di rock progressivo della durata di 25 minuti, in cui parti cantante si susseguono ad altre strumentali con frequenti stop a cui corrispondono ripartenze che sviluppano temi musicali diversi. Il brano è ispirato all'episodio dell’Inferno in cui Virgilio mostra a Dante il pozzo in cui si trovano, conficcati nel suolo, gli appartenenti alla stirpe dei Giganti e dal punto di vista musicale evoca atmosfere variegate che sottolineano sia la cupezza dell’Inferno che gli stati d’animo dei dannati mentre i Giganti che Dante sembra punire per la superbia simile a quella di Lucifero, diventano più prosaicamente tutti gli approfittatori ed i meschini: “troppi giganti fasulli cresciuti alle spalle degli altri, troppi giganti vigliacchi nascondono i piedi di argilla”.


“Manfredi” è la trasposizione musicale dei versi 103-145 del canto III del Purgatorio: Dante incontra Manfredi di Svevia che gli narra di essere stato un cavaliere, acerrimo nemico del potere ecclesiastico e per questo scomunicato ma che, colpito a morte in battaglia, si pentì sinceramente, tanto da essere perdonato da Dio e gli chiede di riferire alla figlia Costanza che non è all’Inferno ma nell’Antipurgatorio e che le sue preghiere posso abbreviare la sua permanenza. Il brano della durata di sedici minuti si suddivide in quattro ‘sezioni’ secondo una struttura cara anch’essa alle suite ed ha come modello, nelle intenzioni degli autori, le composizioni dei Gentle Giant. “Manfredi” si apre su “La forza del guerriero” i cui riff di elettrica, il tema baldanzoso ed il cantato rievocano la PFM e la figura fiera del cavaliere. “Il tempo del destino”, pacata e melodica, scandita sul plettro ed il bordo rullante con un bel assolo lirico di chitarra elettrica, narra della presa di coscienza di Manfredi che va incontro al suo destino. “Terra rossa” con il riff di elettrica contrappuntato dall’organo, rievoca campi di battaglia impregnati di sangue. In “Un mondo tra noi due” si torna su registri ampiamente melodici, una lettera d’amore che Manfredi rivolge alla figlia, in cui ricorda i giochi, rimpiangendo il tempo perduto ed invocando la sua preghiera, fiducioso di poterla riabbracciare per l’eternità.

“Dentro la cerchia antica” ispirato al XV canto del Paradiso in cui Dante incontra l’avo Cacciaguida che gli parla dell'antica e morigerata Firenze, ben diversa da quella conosciuta dal Poeta, ricorda la PFM e la musica popolare medioevale con strumentazione acustica, synth flautati, percussioni, un ritmo da danza di corte ed un lungo assolo finale di chitarra elettrica melodico ma di impostazione metal al termine del quale parte una ripresa strumentale del tema de “Il pozzo dei giganti”.

Il pozzo dei giganti è un ottimo album di rock progressivo che avrebbe fatto gridare al capolavoro se fosse uscito negli anni ’70. La band è quanto mai affiatata, pur risultando sulla carta composta da musicisti con esperienze musicali completamente diverse. 


Carlo Bordini possiede una tecnica impeccabile ed è un piacere risentirlo in ambito rock dopo decenni di musica classica e jazz;


Antonio Tartarini conferma di avere una delle voci più belle del panorama prog italiano ed il suo cantato risulta particolarmente emozionante nelle parti più melodiche;


Gianluca De Rossi sfoggia estro e strumentazione degna dei migliori tastieristi anni ‘70: Hammond C3 equipaggiato con Leslie 122, MiniMoog, Mellotron M400, Fender Rhodes MKII, Hohner Clavinet D6 ma anche Piano Yamaha CP33 e Roland JX8P;



Ludovico Piccinini si rivela un chitarrista talentuoso e duttile dalla solida tecnica che radica nella musica classica, dando prova di essere ben più di un chitarrista metal potendo portare accentuazioni jazz e fusion;



il jazzista Pino Sallusti con un passato di esperienze con artisti come Mike Mainieri, Geroge Garzone, Eddie Henderson e Gary Bartz adotta in un contesto prog bassi acustici elettrificati e contrabbasso con risultati sonori sorprendenti.



La formazione ha debuttato dal vivo lo stesso 18 maggio con un concerto nel Prog Festival del FIM. La band, alle 15.30, dopo aver eseguito “Il pozzo dei giganti” e “Manfredi” si è lanciata, emozionatissima (soprattutto Tartarini che potrebbe far parte dei nuovi Il Ritratto di Dorian Gray, dato che appare tale e quale a quarant’anni fa!), in una bella versione di “Country grave-yard”, fedele all’originale grazie alla perizia degli ottimi musicisti e che ha lasciato senza fiato i pochi ma attenti spettatori, tra cui il sottoscritto e l’amico Roberto Attanasio. Dopo aver assistito all’intero concerto fianco a fianco, al termine del pezzo ci siamo abbracciati, consci di aver assistito ad un avvenimento al limite dell’incredibile anche per due fan sfegatati come noi, un’ulteriore dimostrazione che nulla è impossibile nel mondo dei ‘Goblin’.




lunedì 11 maggio 2015

Ritorna ‘La Chiesa’ in una nuova edizione in vinile.



La AMS ha pubblicato una nuova versione del LP ‘La Chiesa’, originariamente uscito per la Cinevox nel 1989. 

Chi ha letto il mio libro sa bene che la realizzazione di questa pellicola è stata funestata da tutta una serie di contrattempi con riguardo alla stesura del soggetto (inizialmente doveva intitolarsi 'Return to the land of the demons'), al cambio del regista Lamberto Bava ed alla realizzazione della colonna sonora, quest’ultima con aspetti a dir poco imbarazzanti circa il ruolo di Keith Emerson.


Originariamente la AMS pensava di ripubblicare questo LP tale e quale con la sola ‘forzata’ mancanza del brano Floe composto da Philip Glass ed eseguito da Martin Goldray, posto che ormai da anni non è più in licenza alla Cinevox. A questo punto ho suggerito di modificare la copertina e di integrare la scaletta, aggiungendo i pezzi inediti di Fabio Pignatelli, eseguiti a nome Goblin ed inclusi solo nella versione su CD pubblicata nel lontano 2001, eliminando le canzoni dei Zooming on the Zoo e dei Definitive Gaze che nel film compaiono a malapena, diffuse da una radio ed il remix di The church di Emerson che è in pratica identico al pezzo originale.

Già che c’ero ha fatto anche un piccolo remaster ma devo dire che c’è una differenza abissale tra la qualità sonora dei brani di Pignatelli e quelli di Emerson che sembrano un demo inciso in una grotta con un due piste, cosa che viene evidenziata dalla alternanza nella scaletta dei pezzi dei due compositori.

La nuova versione de ‘La Chiesa’ è stata pubblicata in una prima tiratura di 500 esemplari in vinile arancio con venature gialle ed è acquistabile sul sito della BTF.