martedì 30 giugno 2015

Goblin Rebirth: la recensione dell'album.


Oggi, 30 giugno 2015, è la data ufficiale di pubblicazione dell'album omonimo d’esordio dei Goblin Rebirth. Il lavoro prodotto e missato da Fabio Pignatelli, co-prodotto dalla band, masterizzato da Bob Fix, si presenta con una fantastica copertina curata da Orion Landau.



L’album si apre su “Requiem For X” (Anselmi, Pignatelli, 4’16”) con suoni di carillon, campanelle da chiesa, un synth che fischia il tema triste, voci filtrate, un arpeggio di pianoforte e l’organo da requiem su cui si innestano i tipici stacchi dei Goblin per poi prendere ritmo e presentare un nuovo tema chitarristico con svisate solistiche, ripreso dal synth in assolo sino al finale con l’arpeggio di tastiere e gli stacchi conclusivi. Il pezzo sembra rievocare nascita, vita e morte di un goblin ed è una degna apertura per questo lavoro, lasciando trasparire richiami al passato ma anche nuovi impulsi. Per Pignatelli "il pezzo è nato da un arpeggio ed una melodia di Giacomo che poi ho sviluppato. La musica è un’ode funebre a X il protagonista dell’album" mentre Anselmi ha precisato che "la canzone è una preghiera. Parte in modo molto triste ma si sviluppa sino a diventare furiosa nel finale. Narra la storia della morte di un goblin e Fabio ha arrangiato tutto il brano. Si pensava di far intonare ad un bambino la melodia fischiata all’inizio ma poi abbiamo cambiato idea, non volevamo un altro ‘School At Night’. E’ incredibile, un crescendo continuo sino a quando la canzone si ferma: quello è il momento in cui X muore".

“Back in 74” (Zammit, 4’23”). Suoni siderali, riff di tastiere, entrano batteria e basso in un incedere fusion molto seventies. La chitarra elettrica si produce in armonici a cui segue un intermezzo dissonante di tastiera ed il tema, una scala suonata da organo ed elettrica all’unisono. La struttura viene ripetuta, poi il pezzo si ferma e riparte sugli interventi della batteria e gli accordi di pianoforte, note soliste di synth ed un assolo di chitarra elettrica, moderno e dissonante che porta al finale con la ripetizione del tema suonata questa volta dal moog e le note conclusive di carillon. “Back in 74” non è semplicemente un ritorno alle origini, a quel 1974 in cui i Goblin tentarono la carta inglese ed incisero Cherry Five, il brano richiama il passato ma lo fa in modo innovativo con Zammit che firma il pezzo migliore dell’album.

“Book Of Skulls” (Zammit, 6’07”) inizia con un accenno di coro gregoriano ed un trascinante giro di basso sabbatiano in primo piano, sostenuto dalla batteria. Parte un tema misterioso al synth seguito da orpelli artificiali gorgoglianti e poi ripreso dalla chitarra in assolo. Il pezzo si velocizza e si ferma su arpeggi di tastiera ed un nuovo tema triste suonato da synth e piano, poi sottolineato dalla chitarra e dalla entrata della batteria su una base di simil mandolini con il ritmo che raddoppia verso il finale.

“Mysterium” (Cherni, Pignatelli, 4’24”). Un arpeggio nervoso di elettrica su cui si innestano in contrappunto le scale gobliniane di tastiera, entra la batteria quadrata ma su tempi dispari ed altre tastiere con sonorità da xilofono, un brevissimo intermezzo di tastiere con effetto coro, riparte il riff ed entra anche il basso pastoso, tastiere coro intonano un tema inquietante seguito da alcuni breaks e dalla elettrica. Dopo una pausa, riparte il tema iniziale eseguito dalle tastiere su accordi di buzuki mentre un synth colora un assolo dai bei suoni sintetici su cui basso e batteria scandiscono una cadenza ‘suspiriana’, innesco per un assolo di chitarra elettrica a cui seguono la ripresa del tema ed una sezione di breaks in crescendo. “Mysterium” è un pezzo molto elaborato in cui le note iniziali della chitarra evocano il riff di “Girl u want” dei Devo ma si percepiscono rimandi a “Suspiria” (ed anche “L’alba dei morti viventi” nel tema di tastiere) ed è un bel saggio delle capacità tecniche dei musicisti con Anselmi che suona un assolo degno di un gruppo metal mainstream degli anni ’80.

“Evil in the machine” (Pignatelli, Zammit, 6’17”) viene innescato dalle linee veloci del basso potente seguito dalle entrate cadenzate di batteria ed elettrica, preludio ad uno shuffle di batteria su linee di basso ostinate ed incalzanti e misteriche note di synth. Una voce artificiale intona: “Evil in the machine, demonize dehumanize, for absolutely control. Evil in the machine, demonize dehumanize, to sanctify your soul, Binary infection, Binary infection”. Terminato il ‘cantato', si innestano entrate arrembanti ed un sottofondo di quasi mellotron per poi ripartire con il giro di basso iniziale e la ripetizione del cantato. Pignatelli riesce nell’impresa di superare l’entrata leggendaria di Chris Squire in “Does it really happen” degli Yes con un basso di potenza devastante. Il pezzo è sospeso tra ritmiche disco futuristiche alla Moroder con tanto di vocoder e sezioni più disarmoniche e prog, care ai King Crimson degli anni ’80.

“Forest” (Pignatelli 6’26”). Synth atmosferici, note d’organo e di synth, una  voce di donna dolce e melodiosa, entrano il basso e percussioni digitali in eco, gli arpeggi di chitarra elettrica e quindi la batteria. Dopo un assolo ‘alla Gilmour’, il pezzo si acquieta su percussioni riverberate, qualche nota di basso e sfuma lentamente su effetti di tastiere e nastri. Brano atipico, sospeso tra ambient e new age vede l’apporto vocale ‘celtico’ di Roberta Lombardini, già collaboratrice con Cherni nei Fluido Rosa e nell’album A New World dei Soundquake Project.

“Dark bolero” (Pignatelli 4’48”). Una cadenza d’archi, percussioni, chitarra acustica battente e spagnoleggiante, il violoncello di Francesco Marini esegue un tema drammatico a cui fa poi da contraltare un motivo di tastiere quasi a carillon, entra la batteria su tempi dispari e poi il basso in assolo. Il pezzo si sviluppa in senso etno rock e dopo il bridge la sezione finale presenta un coro di voci che intona una litania adatta ad un remake de 'Il presagio'.

“Rebirth” (Pignatelli 7’36”). Un loop inquietante di synth, veloci percussioni, un tema gobliniano, vorticose linee di basso e charleston, un brevissimo intermezzo con scale di chitarra ed una ripartenza con arpeggi di buzuki ed il ritmo velocizzato, un tema al synth in crescendo così come il brano che sfocia in una assolo di chitarra elettrica e termina su effetti, loop di tastiere e suoni atmosferici. “Rebirth” presenta una varietà di spunti, si parte con le fragranze medio orientali delle percussioni di Arnaldo Vacca (presente anche in “Dark Bolero”), il tema acustico che rievoca ‘Profondo rosso”, una parte rock ed una più prog con un incedere alla Genesis dei tempi d’oro di Selling England by the pound, un assolo di chitarra elettrica con le scale classicheggianti care a Malmsteen, un finale su effetti ambient molto pinkfloydiani.


Goblin Rebirth è un album vario in cui si sentono influenze diverse e non solo quelle della musica da film horror: il prog si mescola con la fusion  di Brand X ed UK ma anche con world ed ambient music in un amalgama piacevole e scorrevole. Un’anima diversa che richiama certamente i Goblin ma con caratteristiche peculiari, dimostrando così che i Goblin Rebirth hanno una loro ragione d’essere. Gli innesti alla storica sezione ritmica si rivelano acquisti di assoluto valore, non solo dal punto di vista esecutivo ma anche da quello compositivo, tanto che i brani firmati (o co-firmati) da Zammit, Chermi ed Anselmi ad un primo ascolto risultano i migliori dell’album. La band presenta l’album come una sorta di concept, come si usava fare negli anni ’70 ed in un foglio inserito all'interno della copertina viene raccontata la ‘trama’ dell’album, suddivisa per ogni singolo brano, quasi che la band non si fidasse della forza evocativa e filmica della loro musica, sicuramente superiore a quella della trama riportata e che così può essere riassunta:
X, un goblin morto per essersi fatto vedere da un cacciatore, assiste al suo funerale / e poi rivede la sua infanzia. / Messosi in viaggio, raggiunge un palazzo scolpito nella roccia dove prende un libro / si perde in un misterioso labirinto, spiato, apre una porta e / si trova in un mondo digitale costruito dagli umani in cui intravede una figura simile a lui, una femmina delle sua stessa specie / con la quale vaga in una foresta incantata, innamorandosene / ma che poi tradisce venendo abbandonato, la sofferenza è enorme, tanto da sentirsi morire / per poi rinascere in un nuovo ciclo vitale.



Da notare che il CD e il vinile hanno una scaletta dei brani leggermente diversa. Quella scelta dal gruppo segue l’ordine che ho riportato nella recensione ma nel vinile (per ottenere una durata uniforme sui due lati e quindi una ottimale qualità audio) la scaletta è questa: Requiem For X, Back in 74, Book of Skulls, Forest / Evil in The Machine, Mysterium, Dark Bolero, Rebirth.
                                                                      Fabio Capuzzo


3 commenti:

  1. Come si fa a definire questo un disco di inediti?!
    Il disco è ascoltabile ben suonato e registrato ma non c'è musica!
    Al di la di qualche base e giro armonico e ritmico su cui si gioca con i suoni e qualche improvvisazione musicale non c'è altro.
    Da compositore di musica strumentale mi ha deluso parecchio.
    Roller era un altra cosa!

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  2. Non sono per niente d'accordo con quanto scrivi....il disco è semplicemente stupendo, anche se molto diverso da Roller e sicuramente meno "commerciale".
    I gusti personali non si discutono, ma da quanto leggo, mi chiedo che tipo di musica strumentale sei abituato a suonare e soprattutto ad ascoltare....tanto per fare un esempio, i pluricelebrati Genesis, a parte Selling England By The Pound e una piccola parte di The Lamb Lies Down on Broadway, hanno prodotto interi album con "canzoni" dove ogni 15 secondi cambiavano sia il ritmo e la musica, senza nulla che potesse assomigliare anche lontanamente ad un ritornello con una melodia riconoscibile e riproducibile fischiettandola o cantandola.....quindi quei dischi cos'erano, delle porcherie ? La stragrande maggioranza del rock progressivo è così, non è musica di facile ascolto, se si vuole roba melodica con ritornelli che restano in testa, spesso bisogna andare su altri generi....può piacere oppure no, ma criticare un disco concepito volutamente a quel modo (e niente affatto inascoltabile, ripeto, a confronto con certi "mattoni" progressive completamente inaffrontabili ! ), ha poco senso.....

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    1. Come hai detto i gusti non si discutono. Per risponderti ti dico che non è questione di cambiare tema musicale ma la evidente mancanza di un tema musicale, Vedo di spiegarmi meglio. Puoi fare tutte le varianti che vuoi e cambiare anche 100 volte melodia durante un brano ma qui di melodie non ce ne sono. Si sono tanti giochi di effetti e di suono ma pochissima musica. Ottime basi armonici ritmiche con le quali si gioca con le note. Può piacere ma da compositore questa non la definisco musica e nemmeno improvvisazione. Poi che possa piacere e si faccia ascoltare l'ho scritto pure io. Come ho scritto nel commento è un disco molto diverso da Roller e io mi aspettavo qualcosa più simile a Roller dove c'era molta musica composta alla vecchia maniera.

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